Volkswagen, dieselgate: la corte suprema tedesca stabilisce il risarcimento

Data
27 maggio 2020
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Chi ha acquistato un modello turbodiesel EA189 può ottenere il rimborso, che però è funzionale ai km percorsi. Sentenza che farà scuola. E in Italia?

 

L’accordo fra le parti non esclude che la macchina giudiziaria proceda. E questo, a prescindere dalla già difficilissima situazione nella quale i big player del comparto automotive (Volkswagen, che come vedremo è al centro della vicenda) si trovano a dover fronteggiare a causa delle drammatiche settimane di lockdown provocato dalla pandemia da Covid-19 e da un’altrettanto complicata prima fase di ripartenza.

A poco meno di tre mesi dalla notizia relativa all’agreement tra Volkswagen e la Vzbv (cioè la federazione tedesca che raggruppa le Associazioni di consumatori) dopo che quest’ultima – in rappresentanza di circa 260.000 clienti tedeschi del Gruppo VAG – aveva avviato una class-action nei confronti del Gruppo Volkswagen, giunge la notizia che la Corte federale di Cassazione tedesca stabilisce l’opportunità, a carico dello stesso Gruppo Volkswagen, di rifondere gli acquirenti di un’autovettura turbodiesel sulla quale era stato montato il “defeat device” (l’ormai famoso chip di controllo delle emissioni degli ossidi di azoto e sul quale, alla fine di settembre 2015, si abbatté lo scandalo Dieselgate). Con una precisazione sostanziale: i danni nei confronti dei clienti “truffati” dovranno, sì, essere rifusi; tuttavia in misura funzionale al chilometraggio raggiunto dall’autoveicolo.

 

Per sapere l’entità del rimborso, bisognerà detrarre i km

Il principio di determinazione dell’importo, secondo i giudici della Corte suprema di Karlsruhe che hanno scritto questa sentenza destinata a costituire un importante precedente, stabilisce che ogni consumatore dovrà in linea di principio stornare la percorrenza accumulata dalla propria vettura dalla somma in denaro che gli verrà riconosciuto.

 

Il caso preso ad esempio per la sentenza

La sentenza emanata dai magistrati di Karlsruhe nasce dall’esposto presentato a suo tempo da un pensionato residente nel “Land” della Renania-Palatinato: Herbert Gilbert (questo il suo nome), aveva nel 2014 acquistato una Volkswagen Sharan, pagandola 31.500 euro. La vettura era, incidentalmente, provvista di un motore turbodiesel della “famiglia” EA189 (quella, appunto, finita sotto accusa, al principio dell’autunno 2015, perché vi era installato il software che “leggeva” valori di emissioni degli ossidi di azoto inferiori rispetto alla realtà).

I magistrati di Karlsruhe, confermando nella sostanza quanto stabilito da un tribunale di grado inferiore, hanno sentenziato che il cittadino renano ha pieno diritto di riportare indietro la propria vettura in Volkswagen, e di ottenere un rimborso. “Conditio sine qua non”, e qui sta il nocciolo della questione, la facoltà concessa alla Casa costruttrice di detrarre i km percorsi dalla vettura restituita dalla cifra di risarcimento. Ciò in quanto l’attore della causa aveva citato in giudizio Volkswagen chiedendo il riottenimento dell’intera somma da lui spesa per l’acquisto della VW Sharan.

I Tribunali d’appello federali avevano valutato in circa 25.600 euro l’entità del risarcimento a favore del cliente (cifra calcolata in base al deprezzamento del veicolo dal 2015): tanto il querelante quanto la stessa Volkswagen avevano, dal canto loro, deciso di ricorrere alla Corte suprema, sebbene per motivazioni ovviamente diverse (chiedere il pieno risarcimento del denaro a suo tempo sborsato dall’acquirente, e cercare di dimostrare che per i clienti non potesse esserci alcun diritto di ottenere rimborsi).

 

Sarà un importante precedente

Come si accennava, la sentenza della Corte suprema di Karlsruhe costituisce un sostanzioso precedente, in quanto da una parte riconosce la validità della decisione dei magistrati della Corte di appello; è inoltre fondamentale un passaggio del pronunciamento, dove si legge che Volkswagen avrebbe “Sistematicamente ingannato le Autorità per diverso tempo” con l’obiettivo di ottenere un tornaconto economico, e così facendo ha causato un danno ai propri clienti. Il fine, dunque, non giustificava assolutamente i mezzi.

Quanto disposto dalla Cassazione federale sarà, con tutta probabilità, di esempio per molti proprietari attualmente alle prese con altrettante cause legali nei confronti del “colosso” di Wolfsburg, e che sono in fase di svolgimento nei Tribunali federali. Sono circa 200.000 i clienti con i quali è stata raggiunta un’intesa sulla base di quanto stabilito a fine febbraio dai Tribunali tedeschi: a ciascuno di loro, come deciso lo scorso aprile, va un risarcimento compreso fra 1.350 euro e 6.250 euro; in totale, a carico di VW c’è il pagamento di una somma complessiva nell’ordine di 600 milioni di euro. Circa 60.000 cause sono tuttavia pendenti: da parte dei “piani alti” Volkswagen c’è la conferma di voler tentare soluzioni amichevoli.

 

Italia: soddisfazione dalle Associazioni di consumatori

Quanto disposto in Germania è, chiaramente… di specifica competenza all’interno dei confini federali. Già all’inizio dello scorso marzo, cioè quando (come si accennava in apertura) tra Volkswagen e circa 260.000 consumatori residenti in Germania era stato raggiunto l’accordo relativo al riconoscimento del 15% del prezzo di acquisto, Altroconsumo aveva fatto notare come, sui tavoli dei Tribunali italiani, le adesioni alla class-action promossa dall’Associazione nei confronti del Gruppo VAG in seguito al Dieselgate fossero, appunto, circa 76.000.

In un “lancio” Adnkronos, il responsabile Relazioni Pubbliche e Rapporti con i media di Altroconsumo, Ivo Tarantino, indica come “Un momento storico” la decisione della Cassazione di Karlsruhe: “È una nuova dimostrazione indiscutibile del diritto di risarcimento nello scandalo Dieselgate e chiarisce l’ammontare del danno subito dai consumatori”. “La sentenza tedesca – dichiara Tarantino nella dichiarazione raccolta da Adnkronos – costituisce un precedente importante per i consumatori di tutta Europa. A cinque anni dall’esplosione dello scandalo ed a tre anni dall’inizio della class-action promossa da Altroconsumo in Italia, riteniamo che Volkswagen non possa più venire meno alle sue responsabilità: basta con i rinvii, è ora di risarcire gli oltre 75.000 consumatori italiani che si sono uniti alla nostra battaglia e pretendono giustizia”.

 

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